- L’antagonismo tra Gran Bretagna e Germania
- Alla Francia brucia ancora la sconfitta nella guerra franco-prussiana
- La Russia è preoccupata per l’ascesa della Germania sull’asse Berlino-Costantinopoli
- L’Italia che non è riuscita a far riconoscere da Vienna i territori che sente propri: Trento, Trieste, la Venezia Giulia e l’Istria occidentale
Già dal 1877 è attivo
l’irredentismo, un movimento di opinione che rivendica questi territori come
essenziali per il “completamento” dell’unità nazionale. Dunque l’adesione
dell’Italia alla Triplice Alleanza (composta da Germania, Austria e la stessa
Italia) diventa sempre meno decisa. Ma l’intero sistema di alleanze sembra sul
punto di esplodere:
·
La Germania aspira ad unificare sotto di
se tutti i popoli di lingua tedesca, anche quello dell’alleato austriaco
·
La Germania guarda con sospetto la
Triplice intesa (composta da Francia, Gran Bretagna e Russia) perché in caso di
guerra si troverebbe stretta tra Francia e Russia
·
Inghilterra e Francia sono alleate della
Russia, un paese arretrato sul piano militare
Il 28 giugno 1914, a
Sarajevo, uno studente bosniaco, Gavrilo Princip, assassina l’arciduca Francesco
Ferdinando e sua moglie. Nei mesi precedenti
all'attentato Princip venne a contatto con una società segreta per
l’unificazione nazionale, la Mano nera, che
mirava all'autonomia della Bosnia, per diventare
parte integrante della Serbia, e con questa
organizzazione pianificò l'attentato. Da Berlino anche
Guglielmo II chiede la punizione della Serbia, così l’Austria le rivolge un
ultimatum formulato in termini tali da essere rifiutato. Belgrado risponde con
la ricerca di un compromesso, ma il 28 luglio l’Austria dichiara la guerra. Scatta
il meccanismo delle alleanze:
·
La Russia mobilita l’esercito sul
confine austriaco; Berlino le dichiara guerra
·
I tedeschi invadono il Belgio e
dichiarano guerra alla Francia
·
Gli inglesi intervengono a fianco degli
alleati francesi e dichiarano guerra alla Germania
Prende così avvio la Grande guerra. Solo
l’Italia inizialmente rimane neutrale, avvalendosi di una clausola del trattato
della Triplice alleanza che prevede la mobilitazione solo in caso di
aggressione. Nei confronti della guerra, l’opinione pubblica italiana è divisa:
si accende così un dibattito fra neutralisti e interventisti.
·
I neutralisti con Giolitti, che
ritengono sufficienti le trattative diplomatiche per ottenere i territori
ancora occupati dall’Austria
·
Gli interventisti con Benito Mussolini,
tra cui Salandra e Gabriele D’Annunzio, che vogliono entrare in guerra
Mussolini, direttore
dal 1912 del quotidiano socialista “Avanti!”, inizialmente è antinterventista,
nel novembre del 1914 cambia opinione e fonda un suo giornale, “Il Popolo
d’Italia”, con cui dichiara la necessità dell’intervento. La scelta tra le due alleanze è dunque assai
difficile: poiché l’Italia si rifornisce di merci via mare, schierarsi con gli
imperi centrali (Germani, Austria e Regno di Bulgaria) potrebbe comportare un
blocco navale da parte di Francia e Inghilterra. D’altra parte, neppure
rimanere neutrali è facile, in quanto entrambi gli schieramenti possono
chiedere all’Italia rifornimenti. Il 26 aprile 1915, Salandra firma il patto di
Londra, con il quale si impegna ad entrare in guerra, in cambio ottiene dagli
alleati la promessa dell’estensione dei territori italiani al Trentino, Venezia
Giulia e Trieste. Il 23
maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria e successivamente la
dichiarerà anche alla Germania: al comando delle forze armate viene posto il generale
Luigi Cadorna. Il prolungarsi della
guerra spinge gli Stati belligeranti a cercare nuovi alleati: la Turchia (1914)
e la Bulgaria (1915) si schierano a fianco della Triplice alleanza
(Germania/Austria/Regno di Bulgaria), l’Italia entra in guerra a fianco
dell’Intesa seguita da Giappone, Montenegro, Portogallo, Romania (1915), Stati
Uniti, Grecia e Cina (1917). Fallita la guerra lampo, le truppe germaniche e
quelle franco-inglesi si schierano le une di fronte alle altre, ferme: si passa
dunque dalla guerra in movimento alla guerra di posizione. Gli scontri sono
numerosi e continui, e prevedono l’utilizzo di armi micidiali. Gli eserciti devono dotarsi di
ripari: si scavano dunque le trincee. Gli effetti del conflitto sono avvertiti
anche dalla popolazione civile, che viene coinvolta nella guerra perché i Paesi
in guerra sono costretti a mobilitare tutte le risorse per sostenere lo sforzo
bellico. A causa del
blocco navale britannico, la Germania è costretta a sfruttare le risorse delle
regioni e quindi una drastica riduzione dei consumi. Grande novità della Prima
guerra mondiale è lo sviluppo dell’aviazione, con caccia bombardieri e
acquistano fama numerosi piloti come Gabriele D’Annunzio, che sorvola Vienna
per gettare manifesti tricolori a favore della causa italiana. Nel
1916 si combatte ormai in tutta Europa. Tutti gli Stati istituiscono il
reclutamento obbligatorio. Sul fronte francese hanno luogo due grandi battaglie: quella
di Verdun, dove l’esercito francese riesce a frenare l’assalto tedesco e sul fiume
Somme dove gli anglo-francesi hanno lanciato una controffensiva; entrambe si
risolvono in una carneficina senza portare a risultati concreti. Si torna così
alla guerra di posizione. Nella primavera del 1917 si verificarono due eventi
decisivi per l’esito della Grande guerra. In Russia scoppiano sommosse
popolari; Il malcontento è dovuto all’incapacità dell’impero zarista di
assicurare i rifornimenti a entrambi i fronti, esterno e interno. Lo zar Nicola
II è costretto ad abdicare e nell’autunno, mentre l’esercito si sfalda, le sommosse
si trasformano in una vera rivoluzione. A prendere il potere è il Partito
bolscevico, guidato da Vladimir Ulianov, detto Lenin. Il primo atto del nuovo
governo è l’uscita del Paese dal conflitto: nel dicembre 1917 viene firmato
l’armistizio con la Germania, seguito dal trattato di pace di Brest-Litovsk,
con cui la Russia perde Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia e
riconosce l’Ucraina come Stato indipendente. La chiusura del fronte russo
avvantaggia i tedeschi e gli austriaci, che però si trovano davanti un nuovo
avversario: gli Stati Uniti, che fino ad ora sono rimasti neutrali. Nel 1916 Wilson comincia a sentire
inevitabile l’intervento in guerra. Il casus belli è offerto dalla scoperta di
un tentativo diplomatico tedesco di indurre il Messico ad entrare in guerra
contro gli Stati Uniti, e nell’aprile del 1917, il Presidente inoltra la dichiarazione
di guerra alla Germania. Il 1917 è l’anno più difficile: le condizioni di vita
si fanno sempre più dure e i segni del malcontento si leggono ovunque. Il 24
ottobre 1917, divisioni austriache e tedesche attaccano tra Plezzo e Tolmino.
L’offensiva sfonda l’esercito italiano, a Caporetto, e tutte le armate italiane
sono costrette a una disastrosa ritirata. Il Paese reagisce con fermezza: il
generale Armando Diaz sostituisce Cadorna al comando supremo. L’esercito si riorganizza per continuare a
combattere. L’8 novembre, il re incontra i rappresentanti dell’Intesa e
riconferma la volontà di continuare la guerra.
Agli inizi del 1918, la guerra non volge a favore degli Alleati. Per la Germania il costo della guerra si è fatto insostenibile: il blocco navale inglese le impedisce di ricevere qualsiasi tipo di rifornimenti. È proprio in questa mancanza che gli storici individuavano la prima causa della sconfitta della Germania. La primavera del 1918 vede gli ultimi attacchi degli austro-tedeschi contro Francia e Italia, ma vengono respinti da entrambi i Paesi. Il 4 novembre 1918 gli italiani apprendono dal generale Diaz che la guerra è finita. L’11 novembre viene firmato l’armistizio; nei giorni successivi la Germania, l’Austria e l’Ungheria si proclamano repubbliche ed è così che finisce la Grande guerra. Terminata la Prima guerra mondiale, nel gennaio del 1919 si riunì a Parigi la Conferenza di pace. Vi parteciparono soltanto i Paesi vincitori: Gran Bretagna, Francia, Italia e Stati Uniti. L’Italia ottenne il Trentino, l’Alto Adige, la Venezia Giulia, Trieste e l’Istria, ma non Fiume, è per questo che si parla di “vittoria mutilata”. Vittorio Emanuele Orlando non riesce a sostenere le richieste italiane con decisione e abbandona Parigi per protesta. La questione di Fiume diviene una bandiera per i nazionalisti italiani: la città verrà occupata nel settembre 1919 dai volontari armati di Gabriele D’Annunzio, sarà dichiarata Stato libero con il trattato di Rapallo ma Gabriele D'Annunzio non si arrende e infine verrà annessa all’Italia.
Agli inizi del 1918, la guerra non volge a favore degli Alleati. Per la Germania il costo della guerra si è fatto insostenibile: il blocco navale inglese le impedisce di ricevere qualsiasi tipo di rifornimenti. È proprio in questa mancanza che gli storici individuavano la prima causa della sconfitta della Germania. La primavera del 1918 vede gli ultimi attacchi degli austro-tedeschi contro Francia e Italia, ma vengono respinti da entrambi i Paesi. Il 4 novembre 1918 gli italiani apprendono dal generale Diaz che la guerra è finita. L’11 novembre viene firmato l’armistizio; nei giorni successivi la Germania, l’Austria e l’Ungheria si proclamano repubbliche ed è così che finisce la Grande guerra. Terminata la Prima guerra mondiale, nel gennaio del 1919 si riunì a Parigi la Conferenza di pace. Vi parteciparono soltanto i Paesi vincitori: Gran Bretagna, Francia, Italia e Stati Uniti. L’Italia ottenne il Trentino, l’Alto Adige, la Venezia Giulia, Trieste e l’Istria, ma non Fiume, è per questo che si parla di “vittoria mutilata”. Vittorio Emanuele Orlando non riesce a sostenere le richieste italiane con decisione e abbandona Parigi per protesta. La questione di Fiume diviene una bandiera per i nazionalisti italiani: la città verrà occupata nel settembre 1919 dai volontari armati di Gabriele D’Annunzio, sarà dichiarata Stato libero con il trattato di Rapallo ma Gabriele D'Annunzio non si arrende e infine verrà annessa all’Italia.
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